Malattie rare: qualche volta un vantaggio
Un recentissimo exploit della medicina italiana del quale si è parlato a malapena
Perché il
morbo di Cooley e l’
anemia falciforme, anemie genetiche molto gravi e causa di morte precoce, sono sopravvissute per migliaia di anni senza scomparire? Sarebbe stato logico attendersi che la pressione selettiva dell’evoluzione eliminasse quelle deviazioni genetiche così pericolose e contrastasse le mutazioni
de novo nella popolazione; eppure i geni talassemici sono frequenti nelle aree di colonizzazione cartaginese e greca (Sardegna, Sicilia, Magna Grecia continentale) e, nel nord Italia, nel ravennate, nel ferrarese e nelle zone limitrofe, per oltre due secoli nell’Alto Medioevo cuore politico e militare del potere bizantino in Italia.
Il mio professore di patologia medica rispose tanti anni fa subito al mio dubbio spiegando che i tratti genetici talassemico e falciforme, pur potenzialmente causa di devastanti anemie emolitiche, sono protettivi contro l’infezione malarica: in zone fortemente malariche come la Sardegna in passato od oggi il Golfo di Guinea, il bilancio dare-avere, in termini di speranza riproduttiva, tra anemia emolitica e infezione da plasmodio era ed è a favore della prima. Rispetto a un bambino malarico, è più facile per un bambino con il tratto eterozigote dell’anemia mediterranea — la forma anemica più lieve presente nel portatore del tratto genetico — sopravvivere fino ad avere a sua volta dei figli. È questo macabro gioco di probabilità che spiega perché l’evoluzione non abbia fatto scomparire dalla faccia della terra la talassemia e l’anemia falciforme.
L’impressionante sovrapposizione in Italia tra la talassemia e, in passato, la malaria
A proposito, si desidera conoscere tutto (o quasi) degli ematologi italiani?
Atlante Sanità può darci una prima risposta su quanti sono gli ematologi in Italia,
6.611.
Molto recentemente è stato
scoperto proprio in Italia un altro esempio di queste affascinanti interazioni tra genetica e malattie non genetiche. È stato un vero trionfo della medicina italiana del quale, ovviamente, si è parlato da noi assai poco: non più di qualche sporadica notizia d’agenzia. Eppure coordinare da Roma una sperimentazione mondiale (59 centri reumatologici pediatrici di 15 Paesi) e pubblicarne come primo autore un mese fa i risultati sul New England Journal of Medicine non è cosa da tutti i giorni; ma è quello che è riuscito a Fabrizio De Benedetti, reumatologo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (De Benedetti F et al.
N Engl J Med 2018; 378(20): 1908-1919).
Ma continuiamo a parlarne la prossima settimana…
Autore:
Il Prof
Il Prof è medico internista, sempre in viaggio fra la Germania e l’Italia ma, quando può, collabora con PKE inviando articoli su temi scientifici un po’ insoliti.
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